26 - 03
2018
Nel passato le attività umane erano scandite dal tempo della natura, dai ritmi della natura; non solo: qualsiasi attività l’uomo svolgesse questa doveva essere in sintonia con il Cielo.
Questo ci dice che il tempo fisiologico e il tempo sociale erano tutt’uno con il tempo celeste o sacro. Tempo ma anche spazio però, ché l’azione dell’uomo si svolgeva in uno spazio (la Terra) che gli dèi gli avevano dato e che l’uomo doveva per questo “sacralizzare” rendendolo simile al Cielo, così che lo spazio in cui viveva doveva e poteva diventare un “Cielo in Terra”. Lo spazio e il tempo erano così due “entità” che dovevano essere conquistate, capite e usate per adeguarsi al ritmo del Cielo o per ingraziarsi il favore degli dèi.
Ciò valeva anche e soprattutto nella ricerca di uno spazio adeguato e di un tempo giusto per la costruzione di un edificio, di un tempio, di una città, così da mettere queste opere al riparo da energie negative consacrandole alla divinità. Potremmo chiamarli “atti liturgici”, azioni che troviamo disseminate in tutta la storia dell’umanità: pensiamo ad esempio agli Egizi, con le piramidi costruite seguendo precisi orientamenti astronomici; ai Greci, con alcune loro città associate ad alcune stelle (e quindi sotto la loro tutela), come la città di Olimpia alla stella Aldebaran (l’alfa della costellazione del Toro) o la città di Delo sotto la giurisdizione della stella Spica (l’alfa della costellazione della Vergine); agli Etruschi, con la loro “terra sacra” e i loro riti di fondazione (approfondimento nel post dedicato – vedi); ai Romani: Vitruvio Pollione, uno fra i massimi architetti romani vissuto nel primo secolo avanti Cristo, scriveva:
Egli [l’architetto] deve avere per natura del talento, e deve essere desideroso di imparare […]. Dovrebbe essere pure uomo di lettere, esperto nella pittura, dotto in geometria: dovrebbe conoscere bene la storia, aver studiato con diligenza la filosofia […] non essere ignaro di medicina, conoscere la legge ed avere una conoscenza profonda di astronomia e cosmologia […]. Con l’astronomia noi impariamo a localizzare i punti cardinali, a capire l’ordine del cielo, e a calcolare gli equinozi e i solstizi e i movimenti delle stelle (Vitruvio, “De architectura“).
In pratica una visione e un modus operandi comune a tutti i popoli della Terra, dall’Asia alle Americhe: ad esempio in Cambogia i templi di Angkor sono in analogia con la Costellazione del Drago; gli Inca costruirono Cuzco a “immagine e somiglianza” di una costellazione: guardando dall’alto la città essa presentava il profilo di un puma, probabilmente cercando di “portare sulla Terra” una non meglio identificata “Costellazione Puma”.
Atti liturgici che se però non venivano rispettati o si tentava di costruire un sito, un edificio o una città senza lo studio del tempo – quindi del cielo – giusto, si poteva incorrere nell’ira degli dèi che non avrebbero accordato la loro protezione.
Nel rito etrusco di fondazione di una città il sacerdote, l’augure, stava rivolto verso est – da dove il sole sorge – mentre il re era rivolto verso sud – dove il sole culmina; riportando questo al cerchio oroscopico possiamo dire che l’augure era rivolto verso l’Ascendente (oroscopo) mentre il re verso il Medio Cielo.
Un altro atto liturgico molto importante, una volta terminato di costruire il recinto sacro (sulcus primigenius) entro cui sarebbe nata la nuova città, era quello relativo al mundus: in pratica in un punto del recinto sacro (a volte al centro) veniva scavata una fossa (il mundus) dentro la quale i futuri abitanti gettavano prodotti agricoli ma anche monete o altri oggetti di valore al fine di ingraziarsi i favori di Calu/Plutone (pluto, “ricco”) o Phershiphnai/Proserpina o Horta/Cerere, così che la divinità potesse elargire protezione e ricchezza alla città. Una volta riempita la fossa veniva eretto sopra di essa un cippo o una colonna.
È ciò che ancora oggi si vede a Firenze: in piazza della Repubblica – centro della città – vediamo proprio una colonna, chiamata “colonna dell’abbondanza”, che segna il punto del mundus di Florentia.
Ma un “atto di fondazione” è anche e soprattutto la nostra nascita che certo non avviene a caso ma sotto un cielo – quindi all’interno di uno spazio e di un tempo – di cui noi siamo l’espressione tangibile.
D’altronde come diceva Paracelso: «Ogni cosa che soggiace al tempo è sottomessa al cielo», ovvero due eventi che accadono nello stesso istante, pur se in spazi diversi, si assomigliano perché avvengono all’interno dello stesso tempo.
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