31 - 03
2019
L’approccio all’astrologia può essere diviso in due grandi scuole di pensiero: chi la vede come una materia solo previsionale e chi come una materia anche previsionale.
E non sembri una questione di lana caprina perché si tratta di due visioni che nascono da due concezioni diverse della vita e che chiamano in causa i rapporti fra microcosmo e macrocosmo, destino e libero arbitrio.
D’altronde ogni astrologo ha la sua forma mentis, la sua visione della vita, la sua etica, la sua morale, la sua filosofia: è quindi attraverso questi “filtri” personali-caratteriali-psicologici che passa l’astrologia che così verrà usata e presentata al cliente secondo il tipo di “filtro” dal quale è passata.
Da parte mia reputo l’astrologia una disciplina “alta”, anzi, “spirituale”; uno strumento per leggere, studiare, capire, decifrare sia la realtà che ci circonda sia noi stessi; uno strumento per comprendere chi siamo e come possiamo migliorarci ed evolverci in sintonia con la Legge di Natura; in una parola uno strumento per conoscerci meglio.
Quindi l’astrologia che intendo è psicologica, spirituale ed evolutiva allo stesso tempo, un’astrologia del “nosce te ipsum”.
E poi l’ho sempre considerata una materia più “pescina” che “virginea”, nel senso che se la costringiamo a scendere troppo nei meandri del particulare si trasforma in un illusorio quanto inutile farmaco delle nostre paturnie quotidiane: una catena che ci imprigiona a un futuro sempre interrogato ma mai conosciuto; un futuro che sta fuori di noi, staccato da noi; un futuro non nostro; un futuro nemico.
Dìmmi: come misuri il cosmo e i limiti della terra,
tu che hai un piccolo corpo fatto di poca terra?
Misura prima te stesso e conosci te stesso,
e poi calcolerai la terra sconfinata.
Se non riesci a calcolare il poco fango del tuo corpo,
come puoi conoscere la misura dell’incommensurabile?(Pallada di Alessandria, IV secolo, AP XI.349)
Ecco: parafrasando il poeta Pallada, come puoi chiedere del tuo futuro se prima non conosci te stesso? Prima misura te stesso e poi, ma solo poi, calcolerai il futuro sconfinato. Perché tu sei il tuo futuro. Il tuo carattere è parte del tuo destino. Se (ri)conosci il tuo daimon conoscerai il tuo futuro. Se diventi te stesso, se diventi chi sei, se diventi ciò per cui sei nato, capirai il tuo futuro.
Dai tempi dei tempi l’astrologia è stata oggetto di studio: dove la mettiamo? Tra le arti o le scienze? E poi: l’astrologia è un sapere congetturale o una mantica astrale? I cieli sono causa o sono segni? E a quale visione cosmologica, a quale filosofia, a quale Weltanschauung la leghiamo? A quella aristotelica, stoica o cosa?
[…] l’astrologia è stata collegata con la cosmologia di Aristotele secondo la sua dottrina della scienza (metafisica) come scienza delle cause necessarie; con le cosmologie stoiche e l’idea del fatalismo astrale dello stoicismo (Poseidonio, Alessandro di Afrodisia) oppure con la cosmologia animistica di Plotino per cui i cieli non sono causa ma segni dell’animazione universale. Così abbiamo da un lato l’astrologia come un sapere tecnico ben strutturato, e dall’altro le immagini che di essa si sono venute costruendo nei diversi momenti della storia della filosofia e della scienza nei nessi tra astrologia e filosofia, intesa come visione del mondo. Ma, come cosmologia, l’astrologia ha presupposto anche una certa teologia come connessione tra ordine necessario, provvidenza divina e destino, quindi ha riguardato anche diverse procedure tecniche di “divinazione”. E così un problema centrale all’interno dell’astrologia è stato quello di stabilire o rifiutare il suo compito di previsione infallibile con l’annesso quesito delle precisazioni di quale rapporto istituire tra mantica astrale e astrologia oroscopica e quindi determinare differenze, o identità, tra pronostico astrologico e divinazione divina profetica. Questo problema riguarda la discussione se l’astrologia sia una forma oppure no di divinazione, ossia ‘ispirata’, con i connessi temi delle distinzioni tra le forme di divinazione: se naturale, o magica, sovrannaturale, profetica o divina. […] Se l’astrologia non è una forma di divinazione oracolare, infallibile, ma solo una tecnica empirica di previsione meramente fallibile, puramente probabile (Tolomeo), quale può essere la sua utilità? [1]
Ecco: come rispondereste a quest’ultima domanda?
Sapete cosa mi viene da pensare? Che all’astrologia sia mancata una rinfrescante e corroborante “rivoluzione copernicana”. Il bello – o il buffo – è che ci riempiamo la bocca dicendo che l’astrologia è una materia simbolica, con tutto ciò che questo vuol dire e soprattutto implica a livello filosofico e psicologico, e poi la usiamo come se fosse – e vogliamo che sia – un meccanismo perfetto dove uno più uno deve fare due. E deve dirci tutto. Dirci cosa fare e come farlo. E quando, soprattutto. A domanda risponde: come se l’astrologia e l’astrologo fossero una di quelle macchinette dove introducendo la moneta e premendo un pulsante esce – deve uscire, perbacco! – la bevanda prescelta. Così, in modo automatico e sicuro.
Ma una bella “rivoluzione copernicana” no? All’astrologia è mancato un Galilei, ecco la verità.
Ma per molti astrologi (?) è meglio così. Già, perché se così non fosse ci sarebbero milioni di astrologi (?) disoccupati, frotte di individui in preda alla disperazione girovaganti tra le macerie fumanti di un edificio che loro stessi hanno contribuito a distruggere, tutti a elemosinare qualche straccio di consulenza agli angoli delle strade – venghino signori venghino… per carità!
[1] GRAZIELLA FEDERICI VESCOVINI, dall’introduzione a: SADAN, I segreti astrologici di Albumasar, a cura di Graziella Federici Vescovini, Nino Aragno, Torino 2000, pp. 12-13.⇑
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