23 - 06
2023
Nell’anno 1054 si consumò quello che è passato alla Storia come il Grande Scisma d’Oriente che divise la Chiesa di Roma da quella di Costantinopoli: Cattolici da una parte, Ortodossi dall’altra.
I dissensi che portarono alla separazione fra il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa di Roma, strappo che avvenne il 16 luglio 1054 – chiamato Scisma d’Oriente dalla storiografia occidentale ma Scisma dei Latini dagli Ortodossi –, furono di natura sia teologica sia politico-ecclesiastica, anche se a monte vi erano secoli di reciproca incomprensione culturale.
In ambito teologico il maggior dissenso fra le due Chiese verteva sulla questione dello Spirito Santo ovvero sulla definizione della Trinità e soprattutto della parola Filioque che la Chiesa cattolica aveva aggiunto nel 589 (III Concilio di Toledo) al Credo Niceno-Costantinopolitano nella parte relativa appunto allo Spirito Santo[1]; Filioque vuole dire “e dal Figlio”; originariamente nel Credo, parlando della Trinità, si diceva che il Figlio è generato dal Padre e che lo Spirito Santo “procede” dal Padre, ovvero “qui ex Patre procedit”, ma la Chiesa di Roma aggiunse “qui ex Patre Filioque procedit”, cioè lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio congiuntamente. Ciò era considerata un’eresia dalla Chiesa di Costantinopoli.
In ambito invece politico-ecclesiastico la pietra del contendere era la pretesa supremazia gerarchica del Papa sull’intero ecumene cristiano (plenitudo potestatis) quindi anche nei confronti della sede di Costantinopoli e degli altri tre patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme che, insieme a Roma, formavano la cosiddetta “Pentarchia”[2], supremazia papale che per gli orientali doveva invece esercitarsi solo nei confronti dei cristiani d’Occidente, concedendo semmai al Vescovo di Roma un primato onorario[3].
Ovviamente vi erano altri dissensi e differenze, come il celibato dei sacerdoti, obbligatorio per Roma facoltativo per Costantinopoli (ma non per vescovi e monaci), o il divorzio, non ammesso dalla Chiesa di Roma ma ammesso da quella di Costantinopoli, oppure l’assunzione di Maria Vergine in cielo, non accettata dagli orientali.
Tali erano i contrasti e le reciproche “ripicche” che nel 1053 il Patriarca di Costantinopoli Michele I Cerulario (1000-1059) ordinò la chiusura delle chiese latine.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso: papa Leone IX (Brunone dei conti di Egisheim-Dagsburg) inviò a Costantinopoli il cardinale francese Umberto di Silva Candida che consegnò a Cerulario, in data 16 luglio 1054, la scomunica depositandola sull’altare della basilica di Santa Sofia.
Da considerare che questa scomunica era però personale, cioè era rivolta al solo Patriarca e a chi sosteneva le sue tesi anti-latine e non a tutta la Chiesa d’Oriente; e poi quando questa venne consegnata Leone IX era morto (19 aprile 1054) ciò che rendeva quell’atto di scomunica non valido a livello giuridico.
In risposta a questo affronto il Patriarca scomunicò i messi papali, ovvero lo stesso Umberto di Silva Candida, il cardinale tedesco Federico di Lorena, futuro papa Stefano IX (1057-1058), e il vescovo Pietro di Amalfi. Cerulario non scomunicò il Papa perché in quel momento non c’era nessun Papa da scomunicare: morto Leone IX il suo successore, Vittore II (Gebhard dei conti di Calw, Dollnstein e Hirschberg), si insedierà sul trono di Pietro il 13 aprile 1055.
E però il dado oramai era tratto, o meglio, s’era rotto, e fu così che una scomunica personale si rivelò più deflagrante per la Chiesa di Cristo di quanto gli stessi protagonisti potessero immaginare: si consumò così, in modo aspro e stizzito, lo Scisma d’Oriente (o d’Occidente, secondo il punto di vista di Costantinopoli).
La sentenza della reciproca scomunica verrà poi congiuntamente abrogata il 7 dicembre 1965 a opera di papa Paolo VI (Giovanni Battista Montini) e del Patriarca di Costantinopoli Athénagoras I (Aristokles Spyrou), letta contemporaneamente a Roma in un incontro pubblico nell’ambito del Concilio Vaticano II e a Istanbul nella cattedrale di San Giorgio, sede del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
Anno quindi fatidico per la Cristianità, questo 1054. Ma anche anno in cui il cielo mandò un messaggio: l’apparizione improvvisa, il 4 luglio di quell’anno, di una “nuova stella” nella costellazione del Toro, precisamente a 1°30’ a nord ovest della stella zeta Tauri, il corno meridionale del Toro, chiamata Al Hecka, stella della natura di Marte la cui “influenza” astrologica – pensate un po’ – si esplica nel fomentare litigi.
Sappiamo che quella “nuova stella” in realtà era una supernova, chiamata oggi SN 1054 e che è associata alla nascita della Nebulosa del Granchio (M1).
Ma cos’è una supernova? È una stella che esplode. È l’ultimo atto, spettacolare, violento, travolgente e distruttivo della vita di una stella. La luce che apparve in cielo in quell’estate del 1054 e che venne scambiata per una stella nuova era in realtà l’immagine arrivata sulla Terra dell’esplosione di una stella distante 6500 anni luce, il che vuol dire che l’astro era collassato circa nel 5400 a.C.
Tale fu la sua luminosità che si pensa raggiungesse una magnitudine apparente di – 5, – 6, in pratica più luminosa di Venere (– 4,5), e si vedeva anche di giorno: fu visibile in cielo, di giorno, per 23 giorni e di notte per quasi due anni, fino al 17 aprile 1056.
Troviamo traccia di questa apparizione in una cronaca di un medico e astrologo arabo nativo di Baghdad e di fede cristiano-nestoriana, Al Mukhtār Ibn Butlān (1001-1066) dove troviamo scritto:
Una delle epidemie più conosciute del nostro tempo è quella che ebbe luogo quando una stella insolita apparve in Gemelli nel 446 dopo l’Hijra [anno islamico che andava dal 12 aprile 1054 al 1° Aprile 1055, N.d.A.] […] Quando questa stella spettacolare apparve nel segno dei Gemelli che è l’Ascendente dell’Egitto, causò l’epidemia che avvenne a Fustāt [Il Cairo, N.d.A.] quando il livello del Nilo era basso […][4].
La frase «quando il livello del Nilo era basso» ci dice che il periodo era quello antecedente al sorgere eliaco di Sirio (19 luglio), momento che segnala l’esondazione del Nilo. Da notare altresì come Ibn Butlān faccia riferimento ai segni zodiacali – d’altronde era un astrologo – e non alle costellazioni: la supernova esplose nella costellazione del Toro ma astrologicamente si collocava a circa 11° del Segno dei Gemelli[5].
Questa stella prodigiosa sembra anche vedersi in una moneta d’oro bizantina raffigurante l’effige dell’imperatore bizantino Costantino IX Monomaco (1000-1055) con ai lati della sua testa due stelle, una probabilmente Venere, la stella più luminosa del cielo, e l’altra la nostra supernova, moneta che viene specificato dagli storici fu coniata solo per 23 giorni, guarda caso il periodo di tempo in cui la stella era visibile di giorno.
Ritornando a Ibn Butlān dobbiamo considerare che questi era amico e confidente del Patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario: sicuramente avranno parlato di questo evento magari cercando anche di interpretarlo dal lato astrologico e probabilmente si saranno trovati d’accordo nel vederlo – in special modo Cerulario – come un messaggio del cielo a continuare la “battaglia teologica” contro la Chiesa di Roma, così che la “stella nova” poteva benissimo indicare la nascita di una nuova Chiesa, ovvero dare al Patriarca un maggiore e “celeste” appiglio cui far leva per convincere il clero orientale a rompere con Roma.
E poi non dimentichiamo che il suo “avversario”, papa Leone IX, era deceduto il 19 aprile, quasi all’apparizione di questa “stella clarissima”: certo era un segnale dal Cielo che il mondo e la Chiesa d’Oriente non potevano ignorare. Quella “stella” dette così più forza e convinzione a Cerulario per “scomunicare” chi già lo aveva “scomunicato”.
E fu così che le due Chiese si divisero… appena dodici giorni dopo l’apparizione della supernova.
Qui sotto il Tema astrale di quel 16 luglio 1054. L’ora è dedotta dal fatto che le cronache riportano che la bolla papale di scomunica venne deposta sull’altare della chiesa di Santa Sofia dal cardinale Umberto di Silva Candida alla liturgia mattutina che dovrebbe essere stata celebrata intorno alle 4.30 del mattino (l’alba era alle ore 4.48 locali). Scomunica che però, come detto, non aveva nessuna validità legale perché il Papa era morto il 19 aprile e quello nuovo, Vittore II, sarebbe stato eletto solo a settembre, e sappiamo che durante la sede vacante tutte le cariche decadono quindi Umberto di Silva Candida non aveva nessuna autorità per compiere quell’atto.
Se l’ora fosse questa vediamo nel Tema la congiunzione Mercurio-Marte all’Ascendente, aspetto assai eloquente visto che Mercurio in astrologia è legato alla parola, alla comunicazione, ai documenti, agli atti, mentre Marte è la polemica, le discussioni, la lotta, la guerra.
Abbiamo poi Sole e Giove in Prima Casa che potrebbero rappresentare i due “contendenti” cioè il Papa e il Patriarca.
Da notare poi l’Ascendente in Cancro, così come il Sole, Segno che rappresenta la casa, la famiglia: qui si stava sfaldando una “famiglia”, si consumava un divorzio.
Da questo lato se utilizziamo le Parti Arabe vediamo la Parte del Partner a 12°47’ Acquario, esattamente congiunta a Lilith-Luna Nera, a indicare la scissione tra i due protagonisti fino ad allora “partner” ‒ così come Lilith lasciò Adamo perché non voleva sottostare a lui.
Da notare poi la Parte delle Avversità a 16°12’ Scorpione, esattamente congiunta alla Luna ‒ il popolo, le tradizioni.
Notiamo poi che la Parte dei Nemici è a 24°18’ Gemelli e lì ci troviamo anche la Parte di Morte (29°16’ Gemelli), tutte e due quindi sotto Mercurio: trovare il rappresentante dei “Nemici” e della “Morte” congiunto a Marte e all’Ascendente non ha bisogno di ulteriori commenti.
Maggiori e/o altre info sulla “supernova” in questo mio post di tre anni fa.
Per il calcolo delle Parti Arabe vedi questo post con le formule.
[1] Ma compariva già nel Sýmbolum Athanasiánum (Sant’Atanasio di Alessandria, vescovo, 295-373): «Spíritus Sanctus a Patre et Fílio: non factus, nec creátus, nec génitus, sed procédens» (22).⇑
[2] Con il termine pentarchia, ovvero “comando dei cinque”, si intendeva il riconoscimento paritario delle cinque sedi apostoliche maggiori della cristianità antica, cioè Alessandria, Antiochia, Costantinopoli, Gerusalemme e Roma, ognuna responsabile della propria giurisdizione e tutte e cinque chiamate congiuntamente al governo della Chiesa.⇑
[3] Il primato che il Papa pretendeva per sé, cioè la supremazia del Vescovo di Roma su tutta la Chiesa sia essa latina che orientale, derivava dall’essere stato Pietro il primo Vescovo di Roma e primo fra gli Apostoli (primato petrino: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa», Matteo 16,18); il Papa quindi era il successore di Pietro e in quanto tale spettava a lui il primato su tutta la Chiesa. Le altre sedi apostoliche vi vedevano invece solo un primato onorario in virtù del fatto che Pietro era uno degli Apostoli, quindi al pari degli altri, al pari ad esempio di Andrea, fondatore della sede apostolica di Costantinopoli (il Patriarca di Costantinopoli siede infatti sul Soglio di S. Andrea, così come il Papa di Roma siede sul Soglio di S. Pietro), di Marco, martirizzato ad Alessandria d’Egitto, di Giacomo per Gerusalemme. Così ancora si esprimeva in tempi recenti il Patriarca di Costantinopoli: «Noi ortodossi siamo tutti convinti che nel primo millennio di esistenza della Chiesa, nei tempi della Chiesa indivisa, il primato del vescovo di Roma, il papa, era riconosciuto. Tuttavia esso era un primato onorario, di amore, senza essere un dominio legale sull’intera Chiesa cristiana. In altre parole, secondo la nostra teologia, questo primato è di ordine umano; è stato stabilito a motivo del bisogno della Chiesa di avere un capo e un centro coordinatore» (Bartolomeo, Patriarca di Costantinopoli, novembre 2007).⇑
[4] Liberamente tradotto da: F. RICHARD STEPHENSON, DAVID A. GREEN, Was the supernova of AD 1054 reported in European History?, in «Journal of Astronomical History and Heritage», vol. 6 n. 1 (june 2003), pp. 46-52, National Astronomical Research Institute of Thailand (NARIT), Ministry of Science and Technology, Astral Press, Thailand, 2003, p. 47.⇑
[5] Questi i parametri dell’epoca della “nuova stella”: long. 70° 53’, lat. – 1° 42’, AR 69° 30’, decl. + 20° 50’.⇑