16 - 01
2022
Discorso certamente conosciuto da chi è addentro alla materia ma forse non tanto da chi ne è ai margini; spinto da alcune richieste in merito cerco di spiegare il tutto in modo molto semplice.
Il termine entanglement (dall’inglese to entangle, impigliare, intrecciare), o più propriamente entanglement quantistico, venne coniato dal fisico austriaco Erwin Schrödinger (1887-1961) in un suo articolo pubblicato sulla rivista “Mathematical Proceedings” (volume 31, numero 4, ottobre 1935) della Cambridge Philosophical Society dal titolo: “Discussion of Probability Relations between Sparated Systems”.
Cosa scriveva in questo articolo? Detto in termini molto succinti e semplicistici (mi scuso con gli addetti ai lavori), se prendiamo due particelle che hanno avuto un rapporto tra loro e poi le separiamo distanziandole anche anni luce, nel momento in cui noi agiamo su una di esse anche l’altra, istantaneamente, ne verrà influenzata. Ecco l’entanglement, l’intreccio. In termini più leggeri: se faccio il solletico a una, ridono tutte e due!
Che c’entra questo con l’astrologia?
Immaginate che le due particelle di cui sopra, che erano state insieme e poi sono state separate, siano una noi e una i pianeti, le stelle, ecc.; noi siamo figli di questo universo, fatti della stessa materia ed energia, come lo sono i pianeti, le stelle, le galassie; all’inizio della storia dell’universo tutto questo era ammassato in un unico punto, quindi stelle, pianeti, galassie erano, per ritornare all’esempio, le due particelle ancora unite tra loro; poi avvenne il cosiddetto Big Bang e tutto si separò andando ognuno ‒ stelle, pianeti, galassie ‒ a occupare un proprio posto lontano anni luce dagli altri; nonostante ciò, nonostante tali distanze, sono ancora, come le due particelle di cui sopra, collegati tra loro, e se agisco su uno di questi istantaneamente anche gli altri si sentono agiti.
Questo per dire che fra noi esseri umani, le stelle e i pianeti esiste questa “connessione quantistica” che ci lega tutti assieme, quindi, per l’astrologia, non è un discorso di mera “influenza” planetaria che ci muove a suo piacimento come tante marionette derubate del loro libero arbitrio, perché non si tratta di “influenza” come infantilmente molti pensano: quando una persona nasce, siccome nasciamo tutti in un preciso istante e in un preciso posto, questa persona è collegata a quell’istante e a quel posto e in quell’istante i pianeti e le stelle saranno anche loro in un certo punto, quindi noi collegati a loro e loro collegati a noi: un tutt’uno quantistico, potremmo dire; ricordate? se agisco su una anche l’altra si sente agita, quindi la posizione spazio-temporale che io occupo alla nascita è in “simpatia” con la posizione che stelle e pianeti hanno in quel momento, tutti insieme collegati, abbracciati, intrecciati: io “sono” loro e loro “sono” me.
L’astrologia non fa altro che studiare queste “connessioni” sapendo che fra noi e tutto ciò che è scaturito dal Big Bang c’è una parentela, siamo la stessa “cosa” perché eravamo un tutt’uno: come le due particelle che pur allontanate a grandezze enormi l’una dall’altra sono sempre intimamente tra loro un tutt’uno.
In pratica quando io nasco sono in simpatia, sono imparentato, sono in connessione, sono un tutt’uno con la posizione delle stelle e dei pianeti di quel momento: studiando quindi la posizione dei pianeti e delle stelle di quel momento in pratica sto studiando me stesso. Mi sto guardando allo specchio. Non è magia o superstizione. È semplicemente astrologia.