Galileo e i satelliti medicei

Galileo e i satelliti medicei
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Il 7 gennaio 1610 Galileo Galilei scopriva i quattro satelliti di Giove.

Così lui stesso descrive l’evento nel Sidereus Nuncius:

Die itaque 7. Ianuarii instantis anni 1610. hora sequentis noctis, cum coelestia sydera per Perspicillum spectarem, Iupiter sese obviam fecit, cumque admodum excellens mihi parassem instrumentum […], tres illis adstare stellulas, exiguas quidem, veruntamen clarissimas, cognovi[1].

Il Perspicillum di cui parla è il cannocchiale, poi chiamato telescopio.
Da considerare che il nome “telescopio” pare sia stato inventato dal teologo, chimico e matematico greco Giovanni Demisiani (m. 1614), membro dell’Accademia dei Lincei, e usato la prima volta in pubblico durante un banchetto svoltosi nella stessa Accademia la sera del 14 aprile 1611 in onore di Galilei.
Invece la prima opera a stampa dove apparve il termine “telescopio” è il “De Phoenomenis In Orbe Lunae Novi Telescopii Usu A D. Gallileo Gallileo Nunc Iterum Suscitatis Physica disputatio”, del medico e filosofo aristotelico Giulio Cesare Lagalla (1571-1624), edita a Venezia nel 1612 per i tipi di Thomam Balionum.

Galilei chiamò i quattro satelliti gioviani semplicemente “Medicea Sidera” in onore della famiglia Medici, anche se inizialmente pensava di chiamarli “Cosmica” in onore di Cosimo II de’ Medici (d’altronde voleva trasferirsi da Padova a Firenze…).

Il nome ai satelliti, invece, cioè Io, Callisto, Europa e Ganimede, venne dato da Simon Marius (Simon Mayr, 1573-1624), matematico, astronomo e astrologo tedesco che nel 1612 pubblicò un “Prognoticon auf 1612” dove trattava della scoperta di questi satelliti gioviani.
Editò poi nel 1614 l’opera “Mundus jovialis anno MDCIX detectus ope perspicilli belgici” rivendicando lui la priorità della scoperta dei satelliti gioviani quindi sentendosi in diritto, quale scopritore degli stessi, di dar loro un nome: è stato appurato che li vide anche lui ma probabilmente un paio di giorni dopo Galilei[2].

Ovviamente la cosa fece infuriare Galilei che nel 1623 nel “Saggiatore” accusò Marius di plagio dimostrando come le osservazioni dell’astronomo tedesco fossero posteriori alle sue: Marius disse di aver visto i satelliti il 29 dicembre 1609, mentre Galileo il 7 gennaio 1610, quindi… Ma in Italia c’era il calendario gregoriano mentre nella regione dove abitava Marius vigeva ancora quello giuliano (fino al 18 febbraio 1700), calendari sfalsati di 10 giorni, così che il 29 dicembre corrispondeva all’8 gennaio, il giorno dopo l’avvistamento di Galileo.


[1] “Il giorno 7 gennaio, dunque, dell’anno 1610. a un’ora di notte, mentre col cannocchiale osservavo gli astri mi si presentò Giove; poiché mi ero preparato uno strumento eccellente, vidi […] che intorno gli stavano tre stelle piccole ma luminosissime.” (G. GALILEI, Sidereus Nuncius, Londini, Typis Jacobi Flescher, 1653, c. 33).
[2] JOHANNES BOSSCHA, Simon Marius. Réhabilitation d’un astronome calomnié, Archives Néerlandaises des Sciences Exactes et Naturelles, serie II, 12 (1907), pp. 258-307, 490-528.

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