19 - 11
2015
Chi pratica l’astrologia sa che a volte non tutte le ciambelle riescono col buco, ovvero non sempre le nostre supposizioni (ché di questo si tratta) sugli “effetti” di un pianeta o di un suo transito centrano il bersaglio.
La colpa è ovviamente nostra, non del pianeta, e magari lo è anche perché ammantiamo i pianeti di “poteri” che vorremmo che avessero ma che non si sa se ce l’hanno davvero (sante proiezioni!), oppure andiamo dietro pedissequamente a certa tradizione senza chiederci se ciò sia vero o no (santa pigrizia!).
Prendiamo ad esempio Giove, esaltato come il benefico per eccellenza, colui che elargisce solo cose buone; credo non siano pochi coloro che potrebbero dire: «Mi è passato Giove ma sinceramente non ho visto quegli effetti positivi che mi avevano detto»; oppure: «Non mi parlare di Giove! Sembra che io e lui si sia antitetici: tutte le volte che mi transita su qualche punto importante del Tema mi sembra che faccia l’opposto di quello che dovrebbe fare!», e via di seguito. Certo la colpa è anche (e soprattutto) delle nostre aspettative. Giove c’entra poco o non come ci piacerebbe che fosse. Tuttavia…
Queste “dimostrazioni di affetto”, questi dubbi nei confronti del gigante gassoso non sono solo di oggi: anche in passato accadevano questi “incidenti di percorso” e gli astrologi e i loro clienti si facevano domande sul perché ciò accadesse ma non sapevano darsi una risposta. Quindi anche loro si erano accorti che non sempre Giove “parlava” o che i suoi transiti non davano quelle cose eccelse o comunque positive che la tradizione così perentoriamente sentenziava.
Ebbene, quando nel gennaio del 1610 Galileo Galilei puntò il suo cannocchiale su Giove e scoprì che questo aveva dei “pianetini” che gli ruotavano intorno, la cosa destò curiosità e ammirazione ma anche perplessità e dubbi, senza parlare di chi lo accusava di essere un impostore, un eretico e un sacrilego dato che in cielo non potevano esserci più “lumi” dei sette canonici.
Anche gli astrologi, ovviamente, rimasero scossi da questa notizia, e molti ringraziarono Galileo perché la scoperta di quei pianetini forse riusciva (finalmente?) a dare una spiegazione del perché quel benedetto di Giove non si dimostrava sempre all’altezza della sua reputazione di gran benefico.
Ricevette molte lettere da astrologi interessati alla scoperta e desiderosi di saperne di più. Fra questi anche la napoletana Margherita Sarrocchi (1560 – 1617), poetessa, astrologa e amica di Galileo. In una lettera a lui indirizzata, scritta però dal suo compagno, il matematico napoletano Luca Valerio (1552 – 1618), veniamo a sapere come Margherita fosse entusiasta della scoperta dei quattro satelliti di Giove e come questa potesse poi diventare utile anche per l’astrologia visto che spesso Giove «si è mostrato negli effetti da sè medesimo molto differente» e che forse la causa dipendeva dalla «ignoranza di quest’altri lumi»:
Molto Ill.re et Ecc.mo S.r mio Oss.mo
Rallegromi moltissimo con V. S. et della sua racquistata sanità et delle sue mirabili osservationi fatte intorno a Venere, com’ancor fa la S.ra Margherita, rendendole li saluti duplicati, e dicendole che i compagni di Giove, scoperti da V. S., apporteranno grand’utile alli giudicii astrologici, poi ch’è stato osservato molte volte che tal pianeta, con li medesimi aspetti o congiuntioni et altre circostanze, si è mostrato negli effetti da sè medesimo molto differente, non sapendosi la causa della varietà non per altro che per la ignoranza di quest’altri lumi, come si dee credere […] [1].
Che dire? Sarebbe curioso e interessante se le posizioni dei quattro principali satelliti di Giove (Io, Europa, Ganimede e Callisto), ovvero i loro PHEMU (fenomeni mutui), cioè chi eclissa chi o da che lato del pianeta si trovano o quale satellite viene da questo occultato, avessero il peso di alterare la qualità astrologica di Giove. Ma allora questo varrebbe anche per Marte, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone.
Forse è più giusto dire che, satelliti o non satelliti, siamo noi che enfatizziamo troppo Giove e, ad esempio, demonizziamo troppo il povero Saturno. Insomma, siamo noi che vogliamo che gli astri siano rinchiusi in rigidi schemini scolastici: qua i buoni (e se son buoni devono esserlo per davvero e per sempre), là i cattivi (e se son cattivi devono esserlo per davvero e per sempre). Dovremmo invece avere il coraggio, la forza, la curiosità, i dubbi di un Galileo e provare a mettere in discussione l’indiscutibile.
Insomma, ragionare.
[1] Lettera di Luca Valerio a Galileo Galilei in Firenze scritta da Roma il 28 gennaio 1611, in: Antonio Favaro (a cura di), Le Opere di Galileo Galilei. Edizione nazionale sotto gli auspici di Sua Maestà il Re d’Italia, Volume XI, Carteggio anno 1611-1613, n. 469, p. 37, Tipografia Barbèra, Firenze 1890-1909 (digitalizzata in: http://portalegalileo.museogalileo.it).⇑
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