15 - 01
2020
L’altro giorno parlando con un allievo del Segno dello Scorpione gli chiesi qual è l’animale simbolo dello Scorpione. Mi guardò in modo strano probabilmente pensando che questa domanda fosse un po’ come quella che fa: «Di che colore era il cavallo bianco di Napoleone?»
Nonostante tali perplessità rispose che questo animale è ovviamente lo scorpione: e chi sennò? Certo, risposi io, ma quello è l’animale, diciamo così, essoterico, ma ce n’è un altro, anzi, due. E lì si arrese. Addirittura due?
Sì, e sono il serpente e l’aquila, due animali che ben disegnano “carattere e destino” del Segno.
Sono animali che sono uno l’opposto dell’altro.
Il serpente è un animale terrestre, anzi il più “terrestre” di tutti visto che dalla testa alla coda è attaccato alla terra, appiccicato oserei dire alla stessa.
L’aquila invece è, tra le creature, quella che più di tutte si allontana dalla terra e che quindi più di tutte si avvicina al cielo, quel cielo che per gli antichi era dominio di Giove, ecco perché l’aquila divenne simbolo di Giove quindi del potere, e pensiamo alle aquile imperiali romane o ai molti stemmi di nazioni che anche oggi hanno l’aquila come animale-simbolo.
Questo ci dice che nello Scorpione vi sono due “anime”: una attaccata alla terra, ai sensi, materialista, preda spesso di emozioni violente, succube quasi di queste emozioni più o meno contorte fatte di paura e invidia, odio e vendetta, e un’altra invece celestiale, portata sì a mettere la mano dentro il letame ma per estrarvi il diamante che lì vi è nascosto, un’anima pronta sì al sacrificio ma per rinascere e far rinascere, come la mitica fenice che risorge dalle proprie ceneri.
Due anime che convivono all’interno dello Scorpione e che sta allo stesso Scorpione saperle gestire cercando di fare il possibile per evolversi passando dal “serpente” all’“aquila”, lavoro non facile e che non sempre riesce ecco perché poi si arriva a un “umano” compromesso che consiste nel far innalzare un po’ il serpente e nel far abbassare un po’ l’aquila, situazione che probabilmente ripugna allo Scorpione non avvezzo alle mezze misure ma d’altronde deve ricordarsi che le sue chele sono state prese per creare i piatti della vicina Bilancia, quindi volente o nolente dovrà essere quella la strada facendo così sua quella strofa di una vecchia canzone di Caterina Caselli che diceva: «Si muore un po’ per poter vivere».
Leave A Reply